Il profumo del mare invade il centro storico, i venti africani si insinuano tra i filari di viti al tramonto, le rovine dell’antica Lilibeo per i Romani e di Mars-el Allah per gli Arabi, si tingono di colori forti, dal rosso all’oro. Definita da Cicerone “Splendidissima Urbs“ , oggi Marsala è il capoluogo di una regione vinicola prestigiosa ed unica dove già i Cartaginesi, a Mothia, si rifornivano di vino da commercializzare in tutto il Mediterraneo.
Archestrato e Apicio, nella cucina greco-romana, lo coniugavano con le salse, le carni in umido, gli stufati, la selvaggina. Ma il Marsala è eccellente anche da sorseggiare in meditazione, è perfetto con le ostriche, con la zuppa di pesce, con i formaggi erborinati, e non smette mai di stupire.

“Il vino é così buono che è degno della mensa di qualsiasi gentiluomo”, così nel 1779, l’ammiraglio Oratio Nelson lo descriveva dopo averlo assaggiato dal sig. Woodhouse ed averne ordinate 500 botti per le sue navi. Tra Ottocento e Novecento furono molti i produttori e i mercanti che fecero la fortuna del Marsala, elogiandone la prelibatezza: Withaker, Gill, Clark, Gray e Florio furono alcuni di questi. Fu così che i vecchi bagli, finalizzati alla difesa dalle invasioni turche ed africane, si trasformarono in fattorie per la produzione del vino con grandi cantine dove questo poteva invecchiare per almeno 30-40 anni. Durante questo periodo il vino subiva il trattamento “solera” , applicato dagli spagnoli allo sherry, che consiste nel travasare, a distanza regolare di tempo, una parte del vino dalla botte del prodotto più giovane a quella contenente il tipo già invecchiato.
Il carattere del Marsala è dato dalle condizioni climatiche, dai terreni asciutti, ricchi di silicati e calcare, e i suoi vitigni sono autoctoni: grillo, cataratto, inzolia, damaschino, pignatello, nero d’Avola, nerello mascalese. Per ottenere il Marsala il vino deve essere addizionato con il “cotto”, il mosto dell’uva cataratto, cotto ed invecchiato, che gli conferisce un sapore lievemente amarognolo, e con il “sifone” ottenuto dal mosto di uve grillo a vendemmia tardiva, che procura al vino quel gusto forte e dolce che incanta gli amatori.
Il Marsala secco, servito a 13 gradi ed accompagnato da pistacchi ed olive, o meglio ancora da ostriche come si usava a casa Savoia, diventa un aperitivo irresistibile; è perfetto con prosciutto e melone. Il superiore si sposa con le carni bianche e la selvaggina, mentre il superiore riserva è perfetto con una zuppa di pesce profumata all’aglio e peperoncino o con un pecorino toscano stagionato. Ma se si tratta di un’anatra all’arancia, l’abbinamento perfetto è un Marsala vergine o “solera”, maturato ed affinato al buio di una cantina per lunghi anni. Il tipo vergine stravecchio può essere abbinato a formaggi erborinati e fermentati come il gorgonzola ed il roquefort, ma noi consigliamo di gustarlo da solo come autentico vino di meditazione, perchè accende la memoria e metabolizza le emozioni.
Il principe di Salina, il Gattopardo, ci insegna come servirlo : “…in un bicchiere piccolo, di cristallo trasparente per apprezzarne il colore ambrato, a forma di tulipano, per consentire di espandersi ai profumi di zagara, mandorla, ginestra, fiori di zafferano e sommaco, mitico arbusto isolano. E nel servizio sia compreso un antico toscano, il miglior sigaro scuro al mondo.”